Tra mulinelli di vento

Per guarire, per dormire, per stare allegri, per imparare, ci vogliono le storie.. ne condivido una con voi che ho scritto molto tempo fa..le storie sono la mia cura..

TRA MULINELLI DI VENTO

Il vento soffiava tra i rami, la piccola creatura saltellava. Non si curava dei vortici del vento che gli spostavano il cappello, anzi pareva da essi sospinto quasi non toccasse terra. Si muoveva veloce, gli occhietti furbi guardavano distrattamente il cammino ma il suo percorso era come già fatto, come se il bosco facesse spazio a ogni suo passo.

Si fermò solo a raccogliere delle bacche su una grande pianta. Si riempì la bocca con quelle rosse palline pulendosi di tanto in tanto alla giacca. Poi, riprese il cammino, con il naso ancora sporco di bacche e un aria soddisfatta di chi si è riempito per bene la pancia. Fischiettava e ballava con le foglie autunnali che scivolavano dai rami. Nulla avrebbe potuto turbare il suo saltellar sereno.

Portava delle buffe scarpette di stoffa rossa, legate con dei rametti di edera, che finivano a punta e allungavano un po’ all’insù i suoi piccoli piedini. I calzoni erano a brandelli come se fossero stati l’unico paio fin dall’inizio. Facevano pensare ad un abito preferito che non si vuol mai togliere finché non si leva da sé perché troppo consumato. In quanto alla giacca sembrava appartenere a qualcuno ben più grande del piccolo essere, anch’essa si abbinava però al resto del suo abbigliamento poiché presentava numerose toppe e una manica scucita che gli rimaneva tutta ciondoloni. L’unico era il cappello che restava impeccabile dritto sulla sua testa. Era a strisce gialle e verdi cucito, forse, da qualche mano fatata.

Il piccolo personaggio fiero nel suo portamento ,sorrideva , gli angoli della bocca si allungavano all’insù e poco mancava che facessero il ricciolo sulle guance rosse. Il vento ,che fino ad allora accompagnava la sua danza, fece una brusca virata e soffiando più forte si mise ad ululare tra le fronde. Il piccolo omino si tuffò di testa nel manto erboso e rimase immobile sotto le foglie.

Il bosco si fece silenzioso, anche l’acqua che scorreva in un torrente rallentò, sfiorando appena le rocce sottostanti. Un cane spuntò correndo da dietro un poggio seguito da due persone armate di fucili. Correvano veloci e ben presto sparirono nel folto del bosco e rimase soltanto il loro vociare lontano.

Uomini. Essi non si sarebbero mai accorti di nulla . Non ascoltavano il linguaggio del bosco, non capivano i segnali e gli avvertimenti. Erano così tonti da riuscire a cadere in un burrone anche se esso si fosse spostato. Si sarebbero potuti paragonare agli allocchi ma sarebbe stata un offesa troppo grande per gli allocchi stessi. Non leggevano le nuvole, non capivano quando avrebbe piovuto fino a che la prima goccia non gli cadeva in testa. Si perdevano, per loro ogni albero era uguale all’altro, ogni cespuglio e ogni sasso risiedevano in posizioni casuali. Se solo si fossero fermati, anche per un istante ,alzando gli occhi al cielo e liberando la mente da pensieri inutili avrebbero appreso ciò che gli sfuggiva: la semplicità. Vanitosi e aggressivi , non sapevano far altro che distruggere o divinizzare. La piccola creatura era diversa.

Si alzò con una capriola, si spolverò alla meglio le foglie dal cappello, strizzò l’occhio a una presenza invisibile e continuò il suo cammino. Non andava in nessun posto ma andava ed era felice. Il mondo gli apparteneva ed esso stesso era il mondo.

Baciò l’aria e con un salto sparì in un punto che ad un occhio troppo cresciuto sarebbe sembrato una semplice fungaia a forma di cerchio.