Tirarsi in un fosso

Diciamola com’è. Ci sono giorni che ci verrebbe voglia di tirarci in un fosso. Non lo diciamo in giro per creanza e sfoggiamo il nostro miglior sorriso quando usciamo fuori ma in realtà tante cose non tornano.

Non tornano le nostre personali e neanche quelle globali. E questa non è  una novità. Quello che però  ci sfugge è  che siamo stremati e cerchiamo di portarci avanti come se non lo fossimo.

Continuiamo a fare sforzo, a faci la guerra, a pensare male, a trovare scuse mentre siamo sull’orlo di una crisi di nervi, l’energia si abbassa e isolarci ci sembra una buona soluzione. Questo per chi ha una cera coscienza di sé. Gli altri semplicemente complicano ancora di più  la loro e l’altrui situazione.

Quindi facciamo un po’  di chiarezza. Fermiamoci un momento. Partiamo dal presupposto che raccontiamo un sacco di stronzate, che le immagini che ci arrivano sono menzogne e che ci siamo rotti di tutto ciò.

Questo non vuol dire andare a buttare i nostri malumori a destra e a manca, incolpando noi stessi o gli altri ma scegliendo consapevolmente.

Se siamo stanchi riposiamo, se qualcosa non ci piace non lo facciamo, se qualcosa lo vogliamo fare troviamo un nuovo modo per farlo. Prima di arrabbiarci consideriamo che l’ altro è  nella nostra stessa situazione, cioè  sta’  mentendo. Cerchiamo chi nel confronto è  disponibile, chi è  un sostegno, ognuno nel suo modo.  E usciamo noi per primi, offriamo noi per primi ciò  che ci è  possibile dare con passione, con attenzione, mollando un po’  di rigidità  e protezioni.

Il resto farà  il suo corso.