Molti degli accumuli che ci fanno sentire stanchezza e oppressione, che si manifestano con mal di testa, pesantezza nel petto, paura, umore buio, sono carichi di pensieri e emozioni che non sono neanche nostri.
Intendo dire che la percezione tragica delle nostre incapacità e i successivi giudizi su noi stessi sono spesso frutto di meccanismi di difesa per le incapacità altrui, di solito storiche e generazionali, che ci portiamo appresso e si stampano sul ruolo che recitiamo e sull’immagine di noi stessi. Ci siamo fatti carico di colpe che non abbiamo mai avuto, se di colpe possiamo parlare. Abbiamo provato a gestire cose che altri non gestivano, e ovviamente, non ci siamo riusciti. Ma questo non perché siamo incapaci o “problematici”, solo non potevamo farlo. E non possiamo farlo tutt’ora.
Come possiamo alleggerirci e non aumentate questo carico?
Ne prendiamo le distanze, smettiamo di crederci ciecamente, osserviamo e respiriamo. La mente ha bisogno di quietarsi e possiamo farlo sintonizzandoci sul momento presente, scendendo con la consapevolezza nella pancia e lungo le gambe, sentendo il contatto con la base.
Torniamo in noi, senza farci rapire dai fantasmi del passato e dai demoni che si, dovremo affrontare, ma con la piena padronanza di noi, con le nostre risorse che recuperiamo tornando ad essere presenti.