Un ‘incomincio’ di Curanderia
Venerdì 30 settembre
Ad attenderci ci saranno le nuove tazzine con caffè fumante, una Pratica attraverso il corpo, il respiro e il rilassamento profondo. Ci racconteremo le nuove idee e per chi lo desidera faremo una lettura contemplativa alla fine.
Nel mio studio a Pietrasanta ore 9.00 costo 15 euro
La lettura contemplativa, per chi se lo stia chiedendo, è la possibilità di ascoltare in meditazione, o in completo rilassamento, la lettura ad alta voce di testi. Testi che hanno significati a più livelli di comprensione e per cui la mente razionale non è lo strumento migliore per la comprensione né tantomeno per l’assimilazione di concetti di cui, più che altro, ne viene richiesta un’esperienza.
In aggiunta vi condivido il significato etimologico della parola contemplazione.
Il termine lat. contemplatio, che deriva etimologicamente da cum-templum, lo spazio del cielo che l’augure delimitava per osservare il volo degli uccelli, traduce concettualmente il gr. ϑεωρία. Da un primo senso di «attenta osservazione», il termine passa a significare la riflessione razionale, o la concentrazione dell’intelletto su una verità, filosofica o religiosa. L’orizzonte semantico fa emergere due livelli di ambiguità che attraverseranno tutta l’evoluzione storica del concetto: dal lato dell’oggetto, il concetto si applica, infatti, sia alla conoscenza intellettiva della natura sia alla conoscenza o visione di Dio; dal lato del soggetto, rimangono invece da chiarire le modalità di esercizio dell’intelletto.
LA CONCEZIONE ANTICA
Nel pensiero greco la c. è intesa come l’atto della facoltà più elevata dell’intelletto nella conoscenza dell’intelligibile. Platone ne tratta a partire dall’oggetto che le è proprio, l’intelligibile appunto, affermando che la c. si attua allorché, nello stadio più elevato della scienza, esso viene colto (Repubblica, VI, 486 a; VII, 517 d). Aristotele individua nella c., intesa come pura attività dell’intelletto, il bene dell’uomo, la sua felicità (Etica nicomachea, X, VII, 1). Tale attività, propria dell’uomo, è amata per sé stessa, in contrapposizione alle attività pratiche orientate alla produzione di un elemento distinto dall’azione. Plotino mantiene questa connessione tra c., felicità e filosofia. La c., che costituisce il fine di ogni azione, si esplicita però nell’unione del soggetto con l’oggetto contemplato, l’Uno, perenne aspirazione dell’anima. Il soggetto contemplante, raccogliendosi in sé e spogliandosi delle cose esteriori, supera la molteplicità e la stessa dualità tra soggetto e oggetto nella semplicità dell’unione.