
Possiamo imparare, possiamo allenarci ad imparare, un linguaggio utile ad esprimere quello che sentiamo, ciò che fisicamente sentiamo.
I nostri sintomi ci parlano attraverso tale linguaggio. Possiamo impararne le regole, i vocaboli,le costruzioni grammaticali. Utilizzare termini quali “bene o male”, “meglio o peggio”, “normale o strano” banalizzano e mantengono superficiale la descrizione senza portare informazioni utili e efficaci.
Proviamo con sperimentare parole e sensazioni come rilassato e teso, bloccato, libero, vivo, intenso, morbido, contratto, chiuso, ampio, flussi, brividi, formicolii, quiete ,silenzio. L’inizio di un’apertura allo sconosciuto, a un nuovo modo di stare in ascolto, di osservare, di cercare e infine trovare.
Se descrivo il mio dolore alla schiena come un drago arrotolato che stringe e riempie l’intero spazio intorno alla colonna vertebrale, saprò che questo dolore ha un aspetto di forza, di potenza ed è probabilmente indomabile. Saprò che è un dolore che ha bisogno di spazio, di essere sciolto, di libertà. Saprò che è una parte di me ,con queste caratteristiche, che non posso combattere ne tenere buona, posso provare a lasciarla muovere, a seguirla, a liberare il suo potere. Imparo che si fa più intenso quando sono irrequieta, quando non so come esprimere la mia forza, quando mi sento costretta o in gabbia.. So che ha a che fare con la mia struttura, i miei bagagli, i carichi. Con la possibilità di stare eretta, di muovermi nella vita. Ascolto quella parte di me che cerca uno spazio per esprimersi e inizio un viaggio insieme a me, ricco, pieno e stimolante.
Ascoltare il corpo ci permette di essere pienamente presenti,di affrontare le sfide della vita con tutte le risorse e le capacità di cui siamo dotati.
Vuol dire poter fare,di ciò che ci accade, un grande regalo, una forza per continuare il cammino. Significa “mettere apposto” ciò che ha bisogno di un ordine, di una direzione, di una cura.
Di solito facciamo così tante cose per portarci lontani da noi stessi, per distrarci, staccarci, separarci. Forse non sopportiamo la compagnia di ciò che siamo diventati, forse alcune parti di noi ci ricordano costantemente ciò che non vogliamo vedere e sentire. Ma noi siamo gli unici con cui staremo per sempre. Siamo gli unici a cui concedere quelle attenzioni che ,a volte, tanto ci affanniamo a dare agli altri. Gli unici adatti a soddisfare le nostre esigenze,a darci ciò di cui abbiamo bisogno.
Come possiamo riuscirci senza un dialogo costruttivo? Come, senza imparare l’attenzione, l’ascolto, il silenzio, il lasciar scorrere? Impariamo a rispettare ciò che siamo, ad avere pazienza, a legittimare le emozioni, i pensieri, la storia e anche i nostri sogni, le visioni, i desideri.
Siamo esseri unici e irripetibili facenti parte di un tutto.
Siamo collegati l’uno con l’altro, con tutto ciò che è più piccolo e con ciò che è più grande. Possiamo trovare il coraggio di aprire la nostra visione, di allargarne i confini, fino ad includere, tutto quel “molto più grande” che andiamo tanto cercando.